Durante l’ultima Summer School 2024 tenutasi a Firenze dal 5 al 7 settembre sul tema “Di generi e di droghe”, molti temi sono stati trattati, alcuni esplorati nella loro quasi totalità, altri toccati in maniera tangente.
Alcune riflessioni postume riguardano un tema altamente trasversale ed intersezionale che probabilmente merita una riflessione maggiormente accurata: la sessualità tra le PUD.
A ben vedere la sessualità tra le persone che usano droghe paga ancora lo scotto di un retaggio culturale duro ad essere scalfito ed ha come portato costitutivo una connotazione altamente stereotipata in termini negativi, evocando nell’immaginario collettivo una sensazione di “sporco”. Ancora oggi infatti la sessualità tra le PUD è vista come un qualcosa di, scevro da un affettività stabile, fuori controllo e dettata in maniera promiscua dal potere disinibente delle droghe (le famose ammucchiate del peace and love) o come puro oggetto di mercificazione nello scambio con le sostanze stupefacenti. Peggio ancora non si è superata la visione intellettualmente virale della sessualità tra le PUD come solo veicolo di malattie sessualmente trasmissibili, insomma una sfera sessuale sana ed all’interno di una relazione affettiva nonostante l’uso di droghe, anche tra gli addetti ai lavori (ed anche i servizi rischiano di avallare una visione “sporca” della sessualità e vedremo in seguito il perché) viene considerata utopica in nome di quell’emotività instabile vera o presunta delle PUD.
Il discorso dell’emotività instabile merita una parentesi: ho visto volti inorriditi quando in uno degli interventi durante la Summer School si è parlato della diagnosi si isteria per le donne e dei trattamenti poco ortodossi nel trattamento della stessa ad inizi 900 (masturbazione effettuata dal medico), bisogna però considerare che troppo spesso lo splendore di una emotività forte, portatrice anche di una dolcezza ed un’affettività smisurate, spaventa, va ingabbiata e ricondotta all’interno di griglie interpretative riconducibili alla norma del giudizio imperante e ad oggi la comunità scientifica è stata decisamente più generosa rispetto al passato. Ha addirittura codificato in F 60.31 il disturbo di personalità emotivamente instabile di tipo borderline, affibbiato di concerto soprattutto alle giovani donne con una caratteristica che se riguarda un artista è estro creativo, se riguarda una PUD è patologia e guarda caso tra i criteri utili a definire ed inquadrare tale disturbo ci sono: labilità delle relazioni affettive e sessualizzazione/erotizzazione delle relazioni interpersonali.
Doveva ancora emergere il disturbo di personalità NAS (Non Altrimenti Specificato) che equivale a dire: “Io non so cosa tu abbia, però non stai bene!!!” ed era (ed in parte è tuttora) il disturbo borderline a dare riparo a tutti quei casi incomprensibili solo perché voluti vedere con occhi “Patologizzanti”.
Tra gli addetti ai lavori, e parlo con cognizione di causa, esiste e serpeggia nelle sale di equipe un termine altamente denigratorio, utilizzato con estrema consapevolezza che è: “Borderona”, termine che vuole designare una giovane donna affetta da un grave disturbo di personalità di tipo borderline.
Qual’è la differenza tra definire una ragazza isterica oppure borderona???? Nessuna, solo qualche manciata di anni !!!
Le cose sono addirittura peggiorate in termini di trattamento e la masturbazione “meccanica” è stata sostituita dall’antimasturbazione chimica di un’altra grande menzogna che ci viene propinata: gli stabilizzatori dell’umore. Appare scientificamente corretto affermare che la categoria farmacologica degli stabilizzatori dell’umore di fatto non esiste (sfido chiunque a trovarla in letteratura o sui bugiardini dei farmaci) ed i farmaci utilizzati con tale denominazione eufemistica appartengono a due categorie: gli antiepilettici o peggio ancora i neurolettici (o antipsicotici) presentati come stabilizzatori dell’umore solo per addolcire la pillola e non dire “Ti prescrivo un farmaco che serve per il trattamento della schizofrenia!!!!”
Tornando al rapporto tra la sessualità delle PUD ed i servizi, ho affermato che questi ultimi rischiano più o meno consapevolmente di reiterare l’immagine negativa del sesso praticato tra persone che usano droghe, nel 99% dei servizi residenziali infatti, la pratica sessuale e la vicinanza affettiva tra PUD non solo è proibita ma nel peggiore dei casi sanzionata a norma di regolamento interno.
Inutile dire che questo aspetto rappresenta la negazione del soddisfacimento di uno dei bisogni primari individuati nella famosa piramide di Maslow, ma ancor più gravemente costituisce la negazione di un’importante sfera della dimensione identitaria dell’individuo ben lontano dal tema dell’Umanizzazione dei percorsi introdotto recentemente, come requisito imprescindibile dalla regione Emilia Romagna in tema di accreditamento regionale per i percorsi riabilitativi-terapeutici. Reprimere un istinto primordiale ed un bisogno fisiologico ed emotivo importante per l’evoluzione e la crescita di una persona equivale ad avallare ed alimentare la visione stereotipica di una sessualità “sporca e sbagliata” e a reiterare il messaggio che il ruolo delle PUD nel mondo e nella società è quello di pensare a dover smettere di usare droghe non a scopare e tanto meno a riprodursi, nulla di umano in tutto questo!
Molti prima o poi ci dovranno delle scuse!!!!!!!