Il Chemsex non è un crimine e la droga dello stupro non esiste

Una docufiction su Crime – canale Sky- parte dalla vicenda dell’imprenditore Genovese condannato per stupro per parlare di Chemsex e di GHB. Ma dal titolo e dalla trama sembra l’ennesima occasione persa per parlare in modo sano e corretto di sostanze e modelli di consumo

Quando mi è arrivato su whattsapp il messaggio di una collega in cui vi era la foto della pubblicità SKY sulla prossima docu-fiction ” Chemsex, la droga dello stupro” ho subito pensato a Gunter Amendt. Sociologo e giornalista, classe 1939, ha dato un significativo contributo allo sviluppo di un pensiero pragmatico sul fenomeno droghe, argomento di cui si è occupato in maniera molto intensa, portando avanti una dura critica alle politiche proibizioniste. Il mio pensiero, dicevo, è andato ad Amendt che in uno dei suoi più conosciuti libri “No drugs no future” ( Feltrinelli 2004) tra i vari argomenti che affronta, trova spazio per una riflessione quanto mai attuale: di droghe, sui quotidiani, nelle notizie di cronaca, si scrive male, usando linguaggi stereotipati, modalità narrativa piatta e ben lontana da indurre una qualche riflessione e, ovviamente, ben lontana da portare elementi di conoscenza. Insomma il sociologo, originario di Francoforte e deceduto nel 2011 diceva senza mezzi termini che, molto spesso, le notizie di cronaca sulle droghe sono affidate a giornalisti con poca esperienza e nuovi del mestiere. Ho pensato a questa osservazione di Amendt e mi sono chiesto quale dannato motivo possa, invece, aver portato un’intera produzione televisiva, sceneggiatori, titolisti e tutte le svariate e competenti figure professionali che operano nella realizzazione di una docu-fiction, ecco quale dannato motivo le abbia spinte a non voler alzare il livello di contenuto su un prodotto televisivo. Prodotto televisivo che ha anche la pretesa di assolvere una funzione sociale. Invece si sono limitati ad abbinare un modello di consumo a una sostanza e soprattutto a un reato ( lo stupro). Ripeto, sono ben consapevole che parliamo di un prodotto televisivo, insomma è il mondo dello spettacolo, devi vendere e per farlo serve anche il titolo ad effetto. Invece, cercando notizie sulla docu-fiction ho letto che, nelle intenzioni dei produttori, c’è un obiettivo direi “sociale”. A Febbraio 2024, data in cui hanno ‘inizio le riprese. Daniele Giuliani – Senior Director Programming and Acquisition A+E Networks Italia- dichiara “Questo nuovo speciale cercherà di far luce su un fenomeno che sta diventando sempre più pericoloso, specialmente tra le nuove generazioni. Siamo orgogliosi di portare avanti con Sky un impegno comune contro tutte le forme di violenza, sensibilizzando il pubblico e promuovendo consapevolezza. Bene. Ma, prima di tutto, il titolo parte male. Non c’è nessuna promozione di consapevolezza nell’abbinare il chemsex, a una sola droga, cosi come nessuna consapevolezza si diffonde abbinando il GHB e GBL allo stupro. IL Dottor Giuliani è ” senior director programming” della filiale italiana di una società statunitense, che ha due canali televisivi Sky Crime e History. Parliamo quindi sostanzialmente di Sky e canali televisivi a pagamento. Ora: non si tratta di fare le crociate contro chi su droghe e loro consumo, dice corbellerie, inesattezze e diffonde inconsapevolezza: ci sarebbe da aprire una specifica rubrica, e stare ogni giorno a scontrarsi sulla superficialità e l’ignoranza che in ambito droghe è dominante. Si tratta invece di domandarsi il perchè: per quale motivo su qualcosa che riguarda in primis la salute pubblica sia ammessa tanta sciatteria e superficialità. Vedere che poi lo si faccia a livello “mainstream” con la presunzione di sensibilizzare il pubblico e promuovere consapevolezza lascia sinceramente basiti. Siamo così abituati a tutto questo che quasi non lo notiamo più. E invece dovremmo notarlo. Sia chiaro: la serie uscirà il 24 Settembre e spero non sia quello che promette di essere leggendo il titolo e la “trama”. Spero venga dato spazio e parola a esperti, magari con esperienza diretta, in grado di spiegare prima di tutto che il chemsex non è una droga, e questo ovviamente sarebbe il minimo. Magari, volendo davvero promuovere consapevolezza, sarebbe auspicabile che aldilà di titoli sensazionalistici e una trama per vendere bene su sky crime, all’interno della docu-fiction ci sia qualcuno che con onestà dica anche che non esiste la ” droga dello stupro” e che molte persone assumono GHB o GLB con tutt’altre intenzioni che avere a che fare con stupri e violenza. Nel 2024 dovremmo pensare che il triangolo di Zinberg, non sia appannaggio per esperti del settore, ma patrimonio comune anche degli autori di una docu-fiction. Anche loro con maggiore facilità prenderebbero atto che una droga, aldilà delle sue proprietà farmacodinamiche, è quello che la fa diventare la persona che la usa nel contesto in cui la usa. Quindi il GHB non è la droga dello stupro ma una delle droghe che sono usate anche da chi vuole commettere quell’orrendo crimine che è lo stupro. E, a proposito di chemsex, e della vicenda dell’imprenditore Genovese che viene trattata nella docu-fiction: le situazioni in cui una persona prende degli eccitanti e abusa di un’altra persona che, più o meno coscientemente, ha preso altro tipo di sostanze, come il GHB, ecco quelle situazioni non sono Chemsex: nel Chemsex c’è consenso, accordo sui limiti da non superare. “Chemsex: la droga dello stupro” è un titolo fuorviante, chi mi riprende perchè, a parer suo, pecco di ingenuità e che è “normale” si parli di droghe in un certo modo se il contesto è quello di un canale con uno sguardo “crime”, rispondo che no, non penso si debba accettare questa normalità, penso che il proibizionismo è una, grave e dannosa, questione culturale e che sia favorito anche da questa “normalità”. E poi, parlando in termini prettamente commerciali, se io fossi cliente Sky che paga per vedere determinati canali me la prenderei anche un pochetto. Perchè, ripeto, a meno che la docu-fiction smentisca il suo stesso titolo e la trama cosi come anticipata, le premesse sono quelle di un prodotto televisivo ricco di inesattezze e che tutto può fare tranne che diffondere consapevolezza su una sostanza e il suo uso e sul chemsex. E si paga pure. Ed è veramente un peccato che qualcuno possa pensare sia questo il modo per diffondere consapevolezza. Fortunatamente molte ragazze e ragazzi non guardano e non guarderanno questa docufiction o perlomeno non è certa su Sky crime che cercheranno consapevolezza. Tanti giovani si informano nel giusto modo su questi argomenti: si rivolgono ai servizi di riduzione dei rischi che fanno informazione e formazione altamente qualificata su questi argomenti. Poi certamente, ed è un guaio, altri giovani e meno giovani non trovano affatto da questa comunicazione mainstream strumenti utile alla loro consapevolezza in ambito droghe. Ogni volta che vediamo l’argomento droghe e loro consumo ridotto a chiacchiere da bar, dovremmo domandarci chi ne trae vantaggio. Ovviamente per attirare un certo tipo di pubblico, pagante, è più facile andare a lavorare su alcuni aspetti: la nuova droga, lo stupro, i trafficanti dello droga dello stupro. Tornano sempre modelli e stili narrattivi che sono autentiche zavorre per un evoluzione culturale sull’argomento droghe e loro consumo. . Ed è alla fine in questo modo, grazie a questa immobilità, questa incapacità di ampliare il ragionamento, che si diventa preda di speculazioni politiche, che si accettano e subiscono politiche che vanno contro i diritti umani e la salute pubblica. Una docu-fiction, dove sin dal titolo si palesa proprio l’aderenza a un modello narrativo lontano nella forma e nei contenuti da poter fare un’informazione corretta, scientifica, in grado davvero di promuovere consapevolezza. Spero vivamente che in “Chemsex la droga dello stupro” l’errore e la disinformazione si limitino al titolo. Voglio chiudere questa riflessione con un pensiero in memoria di David Stuart, attivista e scrittore che inventò questo termine e che ha lasciato questa vita nel 2022 di cui qui potete ascoltarlo ( sottotitoli disponibili) parlare del chemsex, di cosa è e di quali sostanze che vengono usate. Stuart, oltre ad aver coniato lui il termine Chemsex, ne parla da attivista e da persona con esperienza diretta molto noto in rete e tra le associazioni LGBTI per il suo lavoro scientifico e psicoterapico presso il Dean Street a Londra. che si è impegnato nella ricerca e nella riduzione del danno
Alessio Guidotti

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