Quanti morti ancora volete contare?

 I terribili fatti di Terni che hanno portato alla morte dei giovani Flavio e Gianluca, e all’arresto di Alberto, hanno scosso l’opinione pubblica. I media e i giornalisti si risvegliano dal torpore, sorpresi e scioccati per la gestione italiana dei servizi dedicati al consumo di sostanze psicoattive, che per noi consumatori è invece storia nota. L’ultimo Libro Bianco parla di consumi in crescita proprio in Italia, che da anni oppone una certa resistenza alle politiche progressiste: continuiamo a coprirci occhi e orecchie e affidiamo i consumatori al carcere, dove però la situazione è disumana. Nel 2013 siamo stati condannati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per il sovraffollamento, con cifre vicinissime a quelle pre pandemia COVID-19. C’è chi ancora pensa che dalla prigione possa provenire quel delicato percorso, multidisciplinare e costruito in congiunto col consumatore stesso, che porti ad uno stile di consumo autoregolato, più integrato e meno isolato – o forse questi signori non si interessano dei problemi dei consumatori, vogliono solo un mondo “pulito” e “senza droga” illudendo i meno informati che questo sia possibile, imponendo astinenza e controllo sociale tramite i soliti mezzucci. Il proibizionismo in tutte le sue subdole forme ancora fa vittime quotidiane, dai pesanti sanzionamenti con funzione esclusivamente punitiva alle incarcerazioni, dai maltrattamenti alle torture, fino ad arrivare alle morti: dolori e disgrazie evitabili, se solo se ne avesse il coraggio.

In barba ai migliaia di morti per consumo di sostanze psicoattive legalissime come alcol e benzodiazepine che, si sa, fanno poco scandalo, il metadone viene oggi messo sotto processo da politici e stampa fortemente schierati, con speculazioni che di concreto hanno solo la polvere da gettare negli occhi. Le dichiarazioni e gli articoli odorano di sangue, quello su cui con fare da avvoltoi gli interessi politici o di vendita quotidiani  si sono immediatamente gettati, in barba all’etica professionale e al rispetto personale doverosi in queste circostanze. Volano minacce di pene severe e affidamenti più difficili, torna il pugno duro.

Dove sono le risposte adeguate? Dove sono i percorsi di educazione e prevenzione al consumo di sostanze psicoattive? Dove sono i servizi che trattano dignitosamente i consumatori, nostri fratelli e sorelle, quotidianamente stigmatizzati? Noi ci opponiamo a tutto questo, noi siamo qui per dire che le soluzioni a breve termine esistono solo nelle favolette, come in quella dei proibizionisti: proprio nella cruda realtà italiana, le cui innumerevoli crepe vengono illuminate dall’assenza di strategie chiare e trasparenti nei Piani Nazionali, emerge la Regione Umbria con le sue politiche avanguardiste come il drug checking colorimetrico nellacittà di Perugia,  servizio che noi rivendichiamo necessario o ancora il Piemonte che ha definito in modo ufficiale i  LEA della riduzione del danno.  

Il consumo di sostanze psicoattive è un fenomeno complesso e merita soluzioni altrettanto complesse, che non si limitino alla costruzione di una rete di sicurezza: i servizi vanno progettati, finanziati in termini di risorse economiche ma soprattutto umane, pensati in stretto contatto col territorio. Devono rispondere ad esigenze ormai non più emergenti ma tipiche di questa società in cui i poveri aumentano e i pochi ricchi si arricchiscono. Devono saper affrontare la disoccupazione dilagante, le migrazioni frequenti, l’assenza di una fissa dimora. L’utilizzatore non va punito o ingabbiato, va accompagnato lungo un percorso che consenta l’autoregolazione del consumo, di cui l’astinenza è solo una delle tante opzioni. Il trattamento di sostitutivi o antagonisti oppiacei è tappa fondamentale di questo percorso, che innanzitutto dà accesso sicuro alla sostanza, che in strada subisce tagli nocivi, a volte mortali sopratutto se in mano a persone o senza competenze o senza scrupoli. Secondariamente toglie ricavi proprio agli autori di quei tagli: i narcotrafficanti, i mafiosi, quelli che dovrebbero essere nel mirino di autorità giudiziarie, forze dell’ordine e politici.

Basta con il populismo, con gli slogan, con la sete di voti. È arrivato il momento di essere realisti: chiediamo che la riduzione del danno, inserita nei LEA col DPCM del 12/01/2017, venga finalmente attuata su tutto il territorio nazionale. Chiediamo che vengano istituite unità di strada a livello capillare, che vengano implementati i programmi di scambio di siringhe, che il drug checking sia attivato in tutti i contesti del divertimento notturno, e nei Drop in come a Collegno ( To) dove chi consuma ha la possibilità di avere informazioni sulla specifica sostanza che intende assumere .  Sul  Naloxone, farmaco salvavita in caso di overdose da oppiacei, è necessario migliorare la già buona politica del “take home” con una maggiore e più diffusa distribuzione, inoltre una legge del BUON SAMARITANO promossa da noi e altre associazioni, è necessario sia proposta ed approvata in quanto elimirebbe eventuali resistenze nel chiamare i soccorsi. La tragica vicenda di Terni è l’ennesima dimostrazione del fallimento di una cultura proibizionista, che genera ignoranza, ghettizzazione ed emerginazione. Due giovani morti che ci fanno gridare di rabbia ancora una volta che è  arrivato il momento di cambiare, è arrivato il momento di abbandonare una politica repressiva ed un approccio che paradossalmente genera più danni di quelli che vorrebbe ridurre o eliminare, un approccio repressivo e proibizionista che non tutela la salute e nega diritti umani. Continuate ad escludere noi consumatori dalla costruzione di nuove politiche sulle droghe, continuate con un proibizionismo stupido e cieco, magari adesso in quest’ottica assassina e disgraziata, imponete anche una stretta sulle già limitate politiche di gestione delle terapie  sostitutive degli oppiacei. Continuate ad agire in nome della fallimentare “guerra alla droga”  Quanti morti ancora volete contare? 

NIENTE SU DI NOI SENZA DI NOI!

ITANPUD CHEMICAL SISTER LAB 57ALCHEMICA

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