Egregio Dottor Barra si tratta di stigma e come alimentarlo, il “political correct” non c’entra nulla

“ Egregio Dottor Barra” se potessi parlarci di persona, comincerei così. Un dialogo, che qualcuno potrebbe ritenere inutile, invece per me e alcuni amici con cui mi sono confrontato, è sentito più come una necessità che come il tentativo, attraverso la dialettica, di portare l’interlocutore , se non a cambiare la propria idea, perlomeno metterla in discussione. L’idea in questione è quella che il Dottor Barra, ha esternato in uno spazio offertogli da RadioRadicale nella rubrica “La nuda verità” del 29 Gennaio. A dire il vero il Dottor Barra non è la prima volta che dice alcune cose ma questa volta è stato esplicito e diretto. Non che non lo sia di solito. Stavolta però di cose ne ha dette molte e sarebbe interessante confrontarsi su tutte. Ma proverò qui ad argomentarne solo alcune, forse quelle che più di altre ci hanno particolarmente colpito, a me e qualche amico di avventura, con i quali ci siamo più volte ascoltati i circa 5 minuti e passa in cui, il presidente onorario della Croce Rossa, fondatore di quella importante struttura che è Villa Maraini, diceva la sua riguardo le dipendenze patologiche, il consumo problematico di sostanze, i “servizi per la cura e la riabilitazione dalla tossicodipendenza”.Insomma questioni su un settore in cui è un esperto, pionieristico, professionista. La questione però riguarda quella spiacevole sensazione che assale me e qualche amico che nelle questioni su cui il Dottor Barra argomenta, ci siamo dentro con vari ruoli differenti nel corso di almeno 30anni della nostra vita. Non è certo la laurea che abbiamo preso, chi in psicologia chi in scienze sociali, che ci fa venire voglia di replicare al Dottor Barra quanto l’esperienza passata e presente, lo sguardo che abbiamo su un fenomeno che, per quanto cambiato e mutevole, rimane sempre attuale e complesso. Una delle questioni che dispiace quando si sente parlare il Dottor Barra è l’uso spassionato, inarrestabile dei termini “tossico” e “tossicomane”. In meno di 6 minuti ha usato 8 volte il termine tossicomane, 3 volte il termine tossico. Stavolta però ci tiene a sottolineare che lui non si fa remora a usare questo termine ed anzi snobba chi, come me e molti altri, riteniamo l’uso di questo termine offensivo e stigmatizzante, per riferirsi a chi ha un uso anche problematico di sostanze stupefacenti. Ci accusa di voler fare i “political correct” e di voler fare la guerra allo droga solo usando le parole. Dottor Barra, non sono il solo ad aver capito che la guerra alla droga non serve a niente, ha fatto e fa solo danni, perché tutte le guerre diventano poi questioni di interessi e speculazioni. Figuriamoci una guerra dove l’avversario viene visto in un prodotto, una merce cioè le droghe. L’avversario, se proprio vogliamo rimanere in ambito bellico, riguarda in realtà, il rapporto problematico che alcune persone stabiliscono con quel prodotto. A vedere nelle droghe il nemico inevitabilmente si finisce per fare la guerra proprio a quelle persone che le usano , come a voler estirpare il nemico dal loro corpo. E si la guerra si fa anche riducendo la persona a una presunta patologia.

Non c’entra nulla il “political correct”,si tratta di stigma e di come cercare di non alimentarlo. Lo stigma va combattuto, di stigma si muore,

Non c’entra nulla il “political correct”, si tratta di stigma e di come cercare di non alimentarlo. Lo stigma va combattuto, di stigma si muore, anche perché, ad esempio, non favorisce certo la ricerca di aiuto quando lo si necessita. Sinceramente ha del surreale, nel 2024, dover stare a spiegare, a chi opera professionalmente in un ambito come quello del consumo problematico di sostanze stupefacenti, sull’utilità, il senso e il significato, di non usare un linguaggio stigmatizzante. Esiste un ampia letteratura, ci sono fonti autorevoli, comprese agenzie di livello mondiale che si occupano di politiche sulle droghe e che il Dottor Barra conosce benissimo. Queste agenzie da anni, esortano medici, politici, addetti ai lavori, ad usare un linguaggio non stigmatizzante, ” person centred” per usare un termine anglosassone come lo è ” political correct”. Ma comunque sul senso e significato delle parole è davvero necessario ripassare i fondamentali? Quanto le parole possano ferire, quanto influenzino lo sviluppo di una cultura, davvero è necessario ribadirlo al Dottor Barra? Certo che stavolta sembra di si perché quando dice che i “ tossicomani sono pericolosi per se e per gli altri” o quando ancora afferma che “ gratta gratta sotto ogni evento drammatico di cronaca ci sta la droga” viene da pensare a quando, negli anni 70, i media dell’epoca contribuivano a creare quello stereotipo del “tossico” che tanto è servito a vendere allarme sociale, giustificare catene e schiaffoni, prevaricazioni del prossimo, spacciare per cura umiliazioni e consentire che ci siano deleghe in bianco, dalla famiglia, dalla società, a chi di questi “ tossici” promette salvezza, e li mette al sicuro: magari in una comunità tipo Shalom ad esempio, Shalom che è roba dei nostri giorni non del passato. Oltre tanto orrore, costruire l’immagine del “tossico” non può dirsi certo “cura”. Anzi, l’idea del tossico pericoloso ha allontanato e allontana chi mostro sa di non esserlo, da tutte quelle situazioni in cui non intende per mostro essere trattato: compresa la cura. Chi sta male, chi ha un disagio che si intreccia in un uso problematico di sostanze già vive tanti problemi, ai quali si aggiunge l’eclatante paradosso di essere punito dalla legge e allo stesso tempo destinatario di servizi per la cura ( quale altra “patologia” prevede di essere puniti in quanto “malati”?) .Quanto danno abbia fatto la creazione di un immagine irreale del “tossicomane” è qualcosa che ha interessato e interessa chiunque ha a che fare con il fenomeno del consumo di sostanze. Ha creato un immagine irreale, spesso ha anche offerto a qualcuno l’abito o la maschera da indossare, insomma meglio tossico che niente, ma questo è un altro discorso ancora. Certamente, e questo il Dottor Barra lo sa benissimo e se non lo sa ci sarebbe da stupirsi, che oggi le persone che usano droghe sono differenti da quello stereotipo del tossicomane zombi che si aggira derelitto per le strade. Sia chiaro, il consumo in contesti di marginalità estrema esiste, esiste il consumo che si intreccia con forti disagi psichici e sociali, ma resta il fatto che non è il “political correct” ma qualche lampo di civiltà che ci dovrebbe portare a voler usare un linguaggio centrato sulla persona, soprattutto se si ha un ruolo e una voce che ha possibilità di farsi sentire, di tracciare un sentiero. Sarebbe una gran cosa se proprio il Dottor Barra cominciasse a dare il giusto peso al linguaggio stigmatizzante. Dire che le persone che usano droghe anzi i tossicomani sono pericolosi per se e per gli altri è un po come dire che sono tutti quanti da TSO, da ricovero obbligato. Ma il primo a sapere che non è cosi, siamo certi sia proprio il Dottor Barra. Sa bene lui che non serve diffondere allarme sociale, stigmatizzare, ma invece cambiare approccio, non insistere con una repressione inutile e dannosa, progettare e implementare servizi di cura, adeguati alle reali necessità di un fenomeno che cambia continuamente ma permane da sempre nella società perché da sempre l’essere umano utilizza sostanze per mediare il suo rapporto con la realtà. Serve educazione sulle droghe e non la “guerra alla droga” Dottor Barra che vede non si tratta di farla usando termini non offensivi: si tratta in questo caso di non farla a chi le droghe le usa o si trova ad avere un problema di gestione di quell’uso. Io e chi la pensa come me, non crediamo nella guerra alla droga perché quanto sia inutile e dannosa lo sapete benissimo anche voi…non è forse l’impegno di Villa Maraini orientato in tal senso? Ovvero per politiche sulle droghe più umanitarie? E allora facciamo che sia umano anche il linguaggio, parliamo di persone, non di tossici pericolosi per se e per gli altri. Proprio come dice lei, non si possono trattare tutti allo stesso modo, allora è bene farlo anche usando una parola “persona” che è un chiaro riferimento a quella differenza e singolarità di ognuno di noi. La verità, e questo non ci si dovrebbe mai stancare di dirlo ne al Dottor Barra ne a chi dimentica quanto sia un mostruoso paradosso, che ancora nel 2024 si continui con certe politiche, una certa cultura e quindi un certo linguaggio, ad escludere dove bisognerebbe includere, riconoscere e mettere al centro la persona ostinandosi a definirla tale, e non continuando a fare in modo che si nasconda e adoperandosi perchè sia più anonima e stigmatizzata di quanto già non sia. Esiste e ancora prevale una mentalità che, appellando e quindi sotto-considerando la persona con uso problematico di sostanze a “tossico”, lo de-individualizza lo priva di quel riconoscimento in quanto individuo. Le conseguenze sono tante e spesso drammatiche. Fondamentalmente una delle conseguenze è quella di allontanare l’utente dal servizio. E dovremmo pensare a cosa realmente significhi sentirsi cittadini utenti di un servizio di cura e non soggetti verso i quali si agisce carità e misericordia( molte persone che si rivolgono ai servizi di bassa soglia, come la riduzione del danno credono ancora che siano opere misericordiose e non prestazioni di cui hanno diritto e per cui, chi le eroga, è retribuito) Più annulleremo, anche con il linguaggio, l’individuo e il suo volerlo e doverlo riconoscere, più i servizi per la cura delle persone che hanno un uso problematico di sostanze, saranno autoreferenziali. Riconoscere l’individuo, creare le condizioni perché, in un sistema che già lo punisce per il solo fatto di usare sostanze, sia messo nelle condizioni di essere persona e cittadino. Un cittadino che, anche come utente di un servizio sanitario, sia riconosciuto come una persona con tutto ciò che ne consegue. Ecco non fare questo, non implementare questi processi, significa fare la guerra non alla droga ma, come già detto, a chi ne fa uso. E comunque forse dovremmo riflettere sulla necessità di fare la pace con queste droghe, uscire dalla logica della guerra contro qualcosa il cui uso, da sempre fa parte dell’umanità. Forse, invece che una guerra, servirebbe un approccio culturale pacifico, in grado di accettare ed accogliere la persona nella sua individualità e complessità, anche se ha un uso problematico di sostanze. E se ha bisogno di cure non può a priori pagarne il prezzo essendo declassato da persona a “tossico”. Proprio questa cultura di guerra invece ci porta sempre in qualche modo a combattere la persona: non riconoscerla, riducendola a tossico o tossicomane e, paradossalmente, offrendogli anche una “via di fuga” in uno stereotipo: sia chiaro, ognuno dovrebbe potersi anche rifugiare dove meglio si sente a suo agio, ma lo stereotipo è una trappola. Alimentare lo stigma con le parole, lanciando allarmi generici, ricorda un vecchio approccio culturale al fenomeno del consumo di droghe, approccio pieno di stigma che facilmente si trasforma nelle catene e negli schiaffoni di Muccioliniana memoria. Generare stigma, magari senza nemmeno rendersene conto, prepara anche il terreno a una cultura di sopraffazione e, la realtà ci insegna, di abuso e sfruttamento. Tutto questo non ha niente a che fare con il prendersi cura. Genera invece sofferenza e disagio, ma nasce spesso nei contesti dove si dovrebbe “curare”

Alessio Guidotti .

P.S: Villa Maraini di cui il Dottor Barra è storico fondatore svolge un importante servizio socio sanitario, offrendo prestazioni di sanità pubblica per chi ha problematiche di abuso di sostanze stupefacenti ed ha quindi diritto ad avere quelle prestazioni, che sono retribuite con diverse modalità dal sistema sanitario. Nel Lazio, come in molte altre Regioni Italiane, esistono diverse realtà che gestiscono professionalmente questi servizi di cura, Villa Maraini è tra le più storiche e conosciute, vantando una molteplicità di servizi specifici per diverse esigenze di cura ( c.d. alta, media, bassa soglia di accesso)

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