In un articolo uscito su Roma Today la consigliera Nella Converti presidente della V Commissione Capitolina Permanente politiche sociali e salute, ha definito un “atto rivoluzionario” la delibera che si sta scrivendo, e che darà le basi all’ufficio che si occuperà delle dipendenze. Ce stata una forte determinazione nel condurre “step by step” questo percorso giunto ora a una fase cruciale. La chiusura dell’ACT è stato un passaggio obbligato. Simbolicamente è come fosse stata la demolizione di un edificio inutile, fatiscente e costoso da tenere in piedi. Ma adesso bisogna costruire un nuovo edifico, una nuova struttura. Quell’ufficio dedicato di vitale importanza come dice la presidente Converti. E’ certamente necessario che sia strutturato in modo da poter gestire la complessità insita nel tema dipendenze. La partecipazione come associazione di consumatori, che nell’articolo giustamente viene presentata come aspetto innovativo, è iniziata sin dai primi incontri, di confronto tra tutti gli attori, precedenti la chiusura dell’ACT. Adesso però si tratta di dargli forma. Definirne con maggiore chiarezza senso, significato, e soprattutto quali dovranno essere le strategie perché la presenza della voce dei consumatori, al tavolo permanente sulle dipendenze, sia realmente rappresentativa di un azione più complessa, ma assolutamente necessaria. In nome della coerenza e della civiltà.
C’è sempre un alone di romanticismo nel termine “rivoluzione”. A volte penso sia in contrasto con l’aspetto pragmatico e realistico che le rivoluzioni per essere tali dovrebbero avere Per contestualizzarla alla situazione che qui interessa, la salute delle persone che hanno comportamenti a rischio in relazione a una serie di comportamenti, dovremmo intendere per rivoluzione una decisa presa di consapevolezza che il “sistema delle dipendenze”, per quel che riguarda le sostanze stupefacenti, è in larga parte anacronistico, fatica a confrontarsi con la complessità che la realtà del consumo di sostanze psicoattive porta con se. . Quella del consumo di sostanze psicoattive, e’ una realtà cambiata radicalmente da quando il sistema sanitario e la politica si trovarono a dover affrontare un fenomeno, il boom dell’eroina dagli anni ’70 in poi. Nascono i CMAS, cambiano le leggi e si incomincia a radicare nella cultura, non solo in quella di massa, l’idea di droga uguale dipendenza. Favorita da quella speculazione linguistica, che amava usare parole come tunnel, schiavitù, catene, inferno della dipendenza, e che serviva spesso a speculazioni di ben altra natura, la “dipendenza” diventava l’ovvia conseguenza dell’uso di droga. La droga era l’eroina e i servizi erano per le tossicodipendenze. Il consumo di sostanze stupefacenti è cambiato e oggi declinare nella dipendenza l’unico rischio di un uso inconsapevole di sostanze psicoattive è un errore. In sintesi, dato che qui voglio occuparmi di altro, credo sia più efficace ed efficiente, oltre utile a tenere lontano lo stigma, parlare di salute delle persone che usano droghe. La dipendenza è un termine che, soprattutto se usato per denominare un servizio, diventa fuorviante. Così come in generale aiuterebbe, sotto tanti punti di vista, staccarsi dal concetto della dipendenza e parlare di salute delle persone che hanno comportamenti a rischio. Questo potrebbe valere per il gioco, le nuove tecnologie e tutto quello che oggi siamo culturalmente viziati a far rientrare nelle dipendenze. Certo in tutto questo c’è tanto bisogno di patologizzare ma le speculazioni spesso finiscono a passare da ostacoli ad autentici nemici di diritti e salute. . Si notano diversi aspetti innovativi guardando la bozza della delibera in cui si configura la progettazione dell’ufficio di “vitale importanza” come lo ha giustamente definito la presidente Converti. Tra questi, ad esempio, inquadrare la questione della punibilità del consumo e in generale, riportando alla lettera quanto scritto in Conferenza“ rivedere l’impianto sanzionatorio/accusatorio” sottolineando quindi la necessità di prendere atto, perlomeno, che punire, incarcerare, non fa che provocare disagio e non risolve assolutamente nulla.
La presenza dei consumatori
Nella bozza di delibera quindi si fa, giustamente e fortunatamente, riferimento alla VI Conferenza nazionale sulle dipendenze. Uno straordinario lavoro collettivo, fatto di tavoli tecnici, consultazioni, confronti, procedure tecniche di consultazioni e votazioni, conflitti. La conferenza, qui intesa come tutto il lavoro svolto prima e dopo il 27 e 28 Novembre 2021 a Genova, deve continuare ad essere considerata per quello che è stata: un lavoro concertato tra esperti del settore , associazioni, società civile, che rappresentavano i diversi approcci alla questione droghe e loro consumo. Tutto quel lavoro, aldilà delle sorti avute per ragioni politiche, cioè il cambio di Governo, non deve andare perso. Grazie a un lavoro i cui primi a impegnarsi furono Forum Droghe e ITARDD ( la rete italiana di riduzione del danno), ci fu la possibilità di far partecipare chi, in una società civile, avrebbe il diritto-dovere di essere presente: ovvero, in questo caso, i destinatari delle politiche e dei servizi, cioè i consumatori di sostanze e i beneficiari dei servizi stessi. Quella di ITANPUD fu una rappresentanza simbolica, significativa della necessità, che abbiamo rivendicato mettendoci la faccia, di prendere atto prima di tutto di quale colossale paradosso sia parlare di inclusione, reinserimento, lotta allo stigma, centralità della persona, e poi prendere atto che la persona da includere, da reinserire, da non stigmatizzare, la persona che deve essere al centro….. semplicemente non c’è !! non ha voce, non ha un sistema che le consenta di essere in grado di farsi sentire. Partecipammo ai tavoli tecnici, portando istanze che sono entrate nel processo decisionale come quelle di tutti gli altri. Regalammo alla Ministra di allora, Fabiana Dadone, che fortemente volle quella conferenza, la Carta dei Diritti delle Persone che Usano Droghe. Tutto quanto pensato e agito da quelle persone con differenti “ lived drug use experience”: quelle da includere, non stigmatizzare, mettere al centro
Ora è quindi un grande atto di coerenza, anch’essa rivoluzionaria se si pensa alle attuali politiche sulle droghe, guardare alla conferenza, e soprattutto alPAND . Il piano nazionale dipendenze, infatti, declinava in azioni tutto il lavoro emerso dalla conferenza. Fare riferimento alla Conferenza e quindi al PAND per quel che riguarda la presenza dei consumatori significa però, entrare nel vivo delle pratiche e, proprio seguendo il PAND, andare al P53 dall’azione A140 “Elaborare raccomandazioni operative per l’integrazione delle Persone che Usano Droghe attraverso le loro forme associative nella programmazione dei Dipartimenti nonché dei Servizi per le Dipendenze; nei percorsi di co-programmazione e co-progettazione; nella Riduzione del Danno/Limitazione dei Rischi; nei percorsi di prossimità e di continuità terapeutica” fino all’A143 “Promuovere la figura dell’operatore pari/operatore con esperienza diretta, con particolare attenzione ai giovani under 25, anche attraverso l’individuazione di un profilo di competenze”, Insomma considerando che per ogni azione sono elencate le modalità i risultati attesi, gli obiettivi, esiste già del materiale su cui poter fare affidamento per dare una forma a questa presenza dei consumatori attraverso l’associazionismo. Inoltre abbiamo riferimenti teorici ed esperienze concrete in Italia e in Europa a cui far riferimento . La presenza delle associazioni dei consumatori è un percorso che va costruito, rappresenta in ambito delle politiche sulle droghe un atto di estrema coerenza, per un senso di civiltà soprattutto pensando allo stigma, all’inclusione. Una popolazione quella delle persone che usano droghe, eterogenea. Dove ci sono ad esempio giovani , che non hanno bisogno dei servizi di alta soglia, hanno consumi che si inseriscono all’interno di una vita fatta di studio, lavoro, divertimento, relazioni e che invece con la bassa soglia, riduzione dei rischi, safer night spesso ha un dialogo di buon livello, in alcuni casi un interazione vera e propria: ed è da quelle situazioni che possono iniziare percorsi di partecipazione attiva. Ci sono poi, nell’ampio quadro delle “lived drug use experience” gli utenti dell’alta soglia, dei serd, delle comunità a breve ed alta frequenza, tra cui ci sono anche le marginalità più fragili consumi problematici. Una moltitudine di cittadini. Voci non abituate, direi diseducate dal proibizionismo, deprivate del diritto di esprimersi su ciò che le riguarda nelle sedi e nei contesti più idonei. La presenza dei consumatori è un processo che va costruito, abbiamo esempi e modelli da cui apprendere. Sono convinto che prima di tutto però sia necessario riconoscere la reale, duplice, significativa, importanza del coinvolgimento attivo delle persone che usano droghe nei processi di costruzione delle politiche e dei servizi territoriali. Se tutti gli attori che saranno al tavolo tecnico permanente, non prendono atto del reale significato di questa presenza, in particolare quello di non rendere ipocrite parole come inclusione, lotta allo stigma, cittadinanza, e “ la persona al centro” allora la partecipazione attiva dei consumatori, la loro presenza a quel tavolo tecnico, resterà sempre un feticcio da usare all’occorrenza, e non qualcosa di realmente e straordinariamente significativo. La partecipazione delle PUD è un processo da costruire, un atto rivoluzionario, che darebbe a questa delibera un’ulteriore possibilità di essere qualcosa di eccellente, degno di un Paese e una Capitale civile che nonostante tutto, nonostante una politica sorda alleosservazioni dell’Alto Commissario ONU per i diritti umani , agisce, nell’ambito delle sue possibilità, proprio in nome dei diritti umani e della salute di tutti i suoi cittadini.