Andrea, cosa ci ha lasciato cosa dobbiamo farne

Ricordare Andrea dimostrargli l’affetto e la stima che merita è quello che tutti noi, a vario titolo impegnati in un percorso di evoluzione culturale dal proibizionismo, possiamo fare. Come suo amico, come persona che da Andrea ha avuto molto e condiviso molto, come presidente di un associazione, ITANPUD, che senza Andrea non sarebbe mai nata sentivo il desiderio di raccontarlo e raccontarci un po. Provo a farlo qui in due paginette: questa è la prima.

Non è facile scrivere e pensare di Andrea, per me, senza che un groppo mi si pianti in gola e l’emozione mi spezzi un po il fiato. Ci conoscemmo una decina di anni fa, io cominciavo ad affacciarmi, per preparare la mia tesi di laurea, alla rete italiana della riduzione del danno, ITARDD. Andrea ebbe modo di leggere alcune cose che scrissi per ” Ristretti Orizzonti” la storica rivista del carcere Due Palazzi di Padova. Mi propose di partecipare alla rete ITARDD cosi come mi parlò di Isola di Arran, “Polvere” di COBS Piemonte ed indifferent Busters : tutte realtà che portai nella mia tesi di laurea sul peer support. Ci prendemmo presto con Andre, scambi di mail, telefonate.Tanta voglia di fare. La questione della Carta dei diritti delle persone che usano droghe, e poi Genova, il convegno coraggioso e colorato del 2014. Piano piano imparai a conoscerlo, oltre l’attivista instancabile, perchè Andrea era davvero instancabile. Nonostante il suo entusiasmo fosse più maturo del mio, aveva vissuto le delusioni, le amarezze, i conflitti, a cui porta un certo impegno in quello in cui si crede, ci trovammo presto a condividere della progettualità di ampio respiro.Condivise con me contatti e mi spiegò molto del peer support,Inpud ed Euronpud, l’attivismo oltreconfine, le divergenze sul peer support. Le mie incursioni a Torino aumentarono conobbi Elena, sua moglie, e poi con Andrea si arrivò a quello che ritengo sia stato uno tra i più importanti risultati concreti a cui l’impegno e la serietà di Andrea ha portato. Il progetto per la prevenzione e la cura dell’epatite C, il suo impegno su questo fronte con Maria Teresa Ninni in Isola di Arran, sviluppatosi prima con le reti internazionali e poi qui in italia varrebbe la pena di essere raccontato.

Per rispetto della sua memoria e perchè è giusto si sappia come si sono avviati alcuni percorsi. La campagna ” Una regione senza la C” nel Lazio, ha consentito e consente ancora oggi alle unità di strada, di somministrare i test hcv salivare. Ovviamente dando la possibilità di curarsi a chi ha l’epatite C. E’ qualcosa per cui l’impegno di Andrea è stato determinante.

Fu lui infatti, prima a far circolare all’interno della rete ITARDD informazione e materiale sulla prevenzione dell’epatite C, e poi a dare vita e rappresentare la parte delle persone HCV+ nella campagna, di respiro nazionale, per la diagnosi e la cura dell’epatite C. Un giorno mi chiamò per incontrarci a Roma, lui veniva da una riunone di una rete di associazioni di pazienti HCV+. Mi spiegò la questione di cui io subito non capii l’importanza. Non avevo capito subito che Andrea mi stava lasciando l’incarico di seguire questa rete nella campagna regionale ” Senza la C”. “Isola di Arran” mi disse ” non ha nulla a che fare nel Lazio, io queste riunioni non posso fare ogni volta su e giu da Torino seguila tu questa faccenda che deve svilupparsi sul territorio”. Mi presentò alcune persone tra cui il manager dell’Abbvie, che si occupava proprio di questo : il patient engagment ovvero quelle azioni anche di advocacy che vedono i pazienti protagonisti nelle questioni che li riguardano. Insieme ad Andrea andai alla Regione Lazio al secondo incontro eravamo io lui e Paola Vannutelli della Cooperativa Parsec che da anni opera nel contesto del consumo di sostanze stupefacenti con diversi progetti a bassa soglia. Entrammo in quel tavolo, dove c’era praticamente lo stato maggiore della sanità del Lazio, come Isola di Arran.
” Andrea succede questo che devo fare?” furono molte le telefonate mi confidavo delle difficoltà, maggiori di quelle che immaginassi, dell’avviare dal basso, con una rete costituita principalmente da diretti interessati, una campagna regionale per la promozione del test dell’HCV e l’invio alla cura. Andrea mi confidava come anche a lui questa storia avesse portato noie e disguidi. Perchè in un alcuni contesti questa partecipazione tra farmaceutica e attivismo non è ben accetta, non è ben compresa e perchè in Italia in generale, questo attivismo che parte dal basso e arriva, ad esempio, a cambiare i parametri dell’accesso a un farmaco. Questo è successo in Italia con la nuova terapia per l’HCV, che inizialmente aveva parametri per l’accesso molto più selettivi. Oggi è possibili farla fare a molte più persone HCV+. Eppure questo attivismo che unisce farmaceutica e pazienti non è ben compreso spesso neanche ben tollerato. Fu Andrea, in lunghe telefonate da Torino, a darmi indicazioni che poi hanno portato a superare una serie di ostacoli e giungere al risultato: una formazione per tutti gli operatori della riduzione del danno, e il coinvolgimento del CNCA regionale nella campagna SENZA LA C. .Tramite un grande collaborazione che vide partner anche l’Epac, si arrivò a fornire il test ai servizi di bassa soglia. Si avviò questo percorso di ” screening e refferal” ed era quello che Andrea mi disse sarebbe dovuto avvenire. Unico neo in tutto questo lo scarso se non inesistente coinvolgimento dei diretti interessati: il progetto pilota ( due giorni in lingua inglese e con traduzione simultanea organizzato da Isola di Arran) , per cui sempre con Andrea feci due giorni di formazione a Torino, prevedeva un sostanziale e massiccio coinvolgimento, nella somministrazone del test, da parte dei diretti interessati PWUID ovvero le persone che usano droghe per via iniettiva. Ho ancora uno splendido manuale a cui Andrea ha collaborato alla stesura in cui la formazione sull’HCV, prevenzione, somministrazione del test è strutturata per essere fatta tra pari adeguatamente formati. Fu questa l’unica parte del progetto pilota che qui non avvenne, per il resto grazie alla collaborazione tra attori diversi, ancora oggi nel Lazio è possibile fare test salivare e invio alla cura. Con Andrea parlammo molto di questo dettaglio non indifferente che avrebbe dato una connotazione di maggior rilievo a tutta l’operazione. Anche questo episodio ci portò a delle considerazioni di ampio respiro.

fine prima parte

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